Profondo Nordest e poesia

Ieri sono andato a Udine.

Beh, che c’è di strano? Direte voi, e infatti di strano non c’è niente, ma mi pareva un buon incipit per il post.

Insomma, sono andato a Udine perché la Libreria Tarantola, che vi invito a visitare se passare da quelle parti, ha ospitato la presentazione del progetto Digressioni Editore.

Di Digressioni vi ho parlato fino alla nausea: è una bellissima rivista, collaboro con loro da un anno, compratela perché merita, ecc. ecc. (a proposito: sta per uscire il numero nuovo). Ieri però la presentazione riguardava il progetto editoriale di Digressioni, ovvero la piccola casa editrice che è nata dalla rivista.

Se fondare una rivista è una follia, fondare una casa editrice è da Trattamento Sanitario Obbligatorio: le speranze di rimanere in vita dopo un anno sono pressoché nulle, i guadagni bassissimi e lo sbattimento enorme. In più devi anche avere a che fare con i disadattati che ti spediscono i loro manoscritti credendo siano dei capolavori. Per questo motivo nutro un’ammirazione sconfinata per Davide de Lucca, la mente dietro a Digressioni Editore: perché ha creato quello che io, con la mia razionalità di ferro, non ho mai avuto il coraggio di creare.

Perché dico tutto questo? per sbrodolarmi in lodi verso una cosa di cui, in qualche modo faccio parte? Non proprio: ieri infatti alla presentazione del progetto, sono rimasto colpito da una cosa:

la poesia è ancora viva.

E lo è davvero, non è una frase fatta per consolare quei pochi che ancora si esaltano di fronte a versi e libretti dalla copertina bianca, esiste tutto un sottobosco di persone giovani, brave e competenti che scrivono poesia, parlano di poesia, condividono poesia, promuovono poesia. Anche a Udine, anche nel profondo Nordest.

Io, come avrete capito, non sono un poeta, le mie uniche poesie risalgono all’adolescenza quando scrivevo cose tristissime andando a capo a metà frase e credevo di essere il nuovo Baudelaire. A me piace la narrativa, sento di non essere abbastanza profondo e attento ai dettagli per la poesia.

ma adoro i poeti. Mi piace il loro atteggiamento, il loro modo di pensare, i discorsi che fanno, il loro respirare continuamente la loro arte e, anche se li leggo poco, ringrazio che esistano.

Tutto questo per dire che ieri ho comprato Soglie di Transito, la raccolta di poesie pubblicata da Digressioni editore e, nella mia incompetenza, credo che dentro ci siano cose veramente belle.

Ovviamente se preferite la raccolta di racconti che contiene anche il mio Elegia per un Cantiere, non mi offendo mica…

Vi lascio con qualche foto della serata e con il link a un lavoro di Carlo Selan, che non è presente in Soglie di Transito ma collabora con Digressioni fin dagli esordi.

Dove vado: Digressioni @ Inchiostro 19

Come potete aver notato se mi seguite, Inchiostro 2019 sta generando una quantità importante di post e riflessioni sul blog, questo perché i due giorni in cui ho partecipato sono stati per me ricchissimi di esperienze e incontri, da entrambi i lati del palco, quello degli spettatori e quello dei partecipanti attivi (in quest’ultimo caso sia come ospite che come conduttore).

Per aumentare il mio grado di dissociazione, domenica 23 giugno ho sperimentato anche come ci si sente a essere presentato e presentatore contemporaneamente: nella bella, ma caldissima cornice del Caffè del Museo (e meno male che c’era la birra!) infatti ho fatto da maestro di cerimonie durante l’incontro sulle riviste culturali, introducendo Giorgio Ghibaudo e Mattia Tortelli in rappresentanza di Crack, e Laura Cuzzubbo e… il sottoscritto in rappresentanza di Digressioni.

L’evento, che ha richiamato un bel po’ di gente, o almeno ci piace pensare che siano tutti venuti per ascoltarci e non per bersi qualcosa di fresco, è stato particolarmente importante per noi di Digressioni, visto che era la nostra prima escursione in terra lombarda e la prima partecipazione a un festival letterario interessante e ben organizzato come Inchiostro (OK, questa è una marchetta per far sì che Lorenzo Sartori ci inviti anche il prossmo anno ;)).

Basandoci sui riscontri delle persone presenti sembra che ce la siamo cavata bene e che siamo riusciti a trasmettere l’amore e la cura che mettiamo per realizzare questa rivista che è del tutto indipendente e si basa sugli sforzi dei collaboratori. Menzione speciale a Laura che si è rivelata un’ottima intrattenitrice ed è passata con successo da membro silenzioso della redazione a capo intrattenitrice festivaliera, tanto che l’organizzazione ha dovuto fisicamente allontanarla dal locale, altrimenti a quest’ora era ancora lì che parlava…

Devo poi fare un necessario ringraziamento a Mattia Signorini che nel suo ultimo romanzo, Stelle Minori, ha inserito la creazione di una rivista letteraria indipendente e che ha deciso di parlarne proprio durante la sua presentazione a Inchiostro. A volte la sorte fa incontrare le persone proprio nel momento giusto e, quando succede, ne escono sempre cose meravigliose!

I festival e gli amici

In giro per l’Italia ci sono migliaia di festival letterari, volendo farli tutti uno dovrebbe essere in un posto diverso ogni weekend, e a volte anche in due posti contemporaneamente.

Che poi viene da chiedersi come mai, se in Italia non legge nessuno ci siano così tanti eventi che vertono sui libri, ma questa è un’altra storia.

Per uno scrittore, presentare a un festival o, ancora meglio, essere invitato a un festival, è un piacere, un massaggio vivificante all’ego frustrato da tante delusioni, sempre che qualcuno venga ad assistere alla presentazione, ma ai festival, a differenza che in libreria qualcuno che si siede c’è sempre, se non altro perché ha sbagliato posto o per riposarsi un po’.

E poi il mondo degli scrittori è piccolo, in qualche modo ci si conosce tutti, di persona, sui social, anche solo di nome, perciò andare a un festival è spesso come la cena di Natale con le persone che vedi poco: ci sono quelli che ti stanno sulle balle, chi vorresti incontrare più spesso, gli amici persi e ritrovati, ci sono perfino i vecchi amori di tanti anni fa. Insomma, per uno scrittore, andare a un festival è l’equivalente di passare un weekend da parenti che vivono lontano.

Capita poi che un festival sia particolarmente piacevole, vuoi per il luogo, per l’organizzazione, per gli ospiti; o per tutte queste cose assieme, come è stato per Inchiostro, che si è svolto nei chiostri del museo a Crema il 21-22-23 giugno.

E se il festival in questione è organizzato da un tuo amico, come in questo caso l’instancabile Lorenzo Sartori, il tutto sfiora la perfezione, e dico sfiora perché come al solito la maledizione meteorologica che affligge le presentazioni di Niente di umano all’orizzonte ha colpito ancora, con il diluvio universale che si è abbattuto sul nord Italia sabato mattina.

Questa volta però non voglio parlare delle presentazioni che faccio come autore, ho già rotto le palle abbastanza, (però se volete vedervi le foto della presentazione che ho fatto con Ilaria Pasqua e Delos Veronesi, sono qui sotto) ma di un’attività per me nuova, quella di conduttore (maestro di cerimonie, presentatore di presentazioni, come cavolo si dice?!?) Insomma, vi voglio parlare del fatto che stavolta sono stato io a introdurre un autore, e in ben due occasioni.

Come ho già scritto, un buon conduttore determina la riuscita o meno di una presentazione, per cui trovarmi dall’altra parte della barricata mi ha reso un po’ teso, per due motivi:
primo, era la prima volta, e con un autore piuttosto noto nell’ambito della narrativa fantastica italiana;
secondo, a differenza mia che sono uno che ama andare a braccio, l’autore preferiva una certa pianificazione dell’evento.

Ma quindi? Di chi stai parlando? Come è andata?
Calma, calma, mo’ ve racconto…

Il sempre caro Lorenzo mi ha chiesto, in quanto frequentatore del genere fantastico sia in lettura che in scrittura, come un hard disk per intenderci, di co-condurre assieme a Francesa Caldiani niente popò di meno che Dario Tonani, l’autore delle Cronache di Mondo9 (Urania) e di Naila di Mondo9 (Oscar Fantastica), due fra i più famosi libri di fantascienza italiana degli ultimi anni. Capite quindi che, visto anche il pubblico abbastanza sostanzioso, la paura di fare brutta figura c’era.

Dario però è una persona squisita, cordiale e disponibile, che dice sempre cose interessanti e quindi, con Francesa che da professionista scafata bilanciava la mia cialtronaggine, abbiamo creato un’atmosefre molto bella e chiacchierato amabilmente di libri, di vita e di tutto quello che ci veniva in mente , coinvolgendo gli spettatori. Insomma, è stato davvero bello.

Non pago dell’esperienza, il giorno successivo ho condotto anche due autrici indipendenti, Monia Scott e Alessia Francone, due autrici indipendenti di narrativa fantastica, con le qualli ho dialogato sulle difficoltà di fare un buon worldbuilding, sul ruolo della donna nella letteratura fantastica e su cosa voglia dire essere autori indipendenti.

Poin ci sarebbe da parlare anche di Digressioni, ma penso di avervi annoiato abbastanza, per cui dovrete aspettare il prossimo post.

quasi dimenticavo: grazie a Laura Cuzzubbo per le foto!

Appunti di uno che scrive: le dediche

A volte capita, ma solo a volte, che una presentazione vada bene e che il pubblico presente, oltre a esserci, cosa non del tutto scontata, ascolti gli sproloqui dell’autore e alla fine decida perfino di comprare una copia del libro.

Ora, riprendendo un mio post precedente, mi sono fatto un’idea sul pubblico tipico di una presentazione che, da buon markettaro, illustrerò di seguito con un grafico a torta (lo so, i grafici a torta sono bellissimi).

Considerando una generica presentazione con un pubblico ragionevole, diciamo dieci persone, l’audience è così composto:

amici e parenti dello scrittore4
habitué del locale che si confondono con l’arredamento3
persone entrate per sbaglio o perché fuori piove2
sconosciuti realmente interessati1
totale10
il bellissimo grafico a torta che rappresenta il pubblico tipico di una presentazione (ve l’ho detto che amo i grafici a torta?)

È perciò poco probabile che qualcuno compri una copia del vostro libro, soprattutto dopo la prima presentazione, quando il bacino di acquisto da parte di amici e parenti si è esaurito. Tralasciando il 40% delle persone presenti che avete invitato voi, c’è comunque la remota possibilità che nel restante 60% ci sia qualcuno che, convinto dalla vostra performance o più probabilmente mosso a compassione, decida di prendere il libro.

A quel punto è molto probabile che si avvicini per chiedervi una dedica, richiesta a cui dovete farvi trovare pronti.

di seguito quindi elencherò, come sempre in ordine sparso e in modo parziale,

le cose da sapere quando scrivete una dedica.

  • premuratevi di avere con voi una penna. È piuttosto antipatico dover chiedere la penna al lettore, perché poi la userete anche per la persona successiva costringendo l’altro a starvi appiccicato tutto il tempo come un avvoltoio in attesa della preda, per farsi ridare la penna.
Io porto sempre con me le mie due penne preferite per firmare dediche in tutta comodità e sicurezza.
  • Chiedete il nome alla persona, non è carino dedicare il libro a Lisa anziché Luisa, o confondersi perché credete di conoscere chi avete davanti.
  • Ci sono due scuole di pensiero per le dediche: quella per cui si scrive una frase personalizzata a ognuno e quella in cui invece si usa sempre la stessa frase generica (un mio amico opta per la terza via, quella di scrivere titoli di film che gli sono piaciuti invece che la dedica, originale ma non so se apprezzata da tutti. Io propendo per la dedica personalizzata, mi sembra un gesto di rispetto e cura verso i propri lettori. L’unica cosa da non fare è firmare e basta, potrebbe risultare fruttuoso al vostro lettore nel caso voi diventaste famosi o moriste improvvisamente, ma comunque non è di buon gusto.
  • Scrivete in modo comprensibile, eventualmente in stampatello, non è carino che il lettore arrivi a casa, apra il libro, e si trovi quattro scarabocchi incomprensibili sulla prima pagina.
  • Sorridete, la persona che avete davanti ha appena speso dei soldi per voi dopo avervi sentito blaterare per un’ora, il minimo che si merita è un po’ di gentilezza.
  • Spendete un po’ di tempo chiacchierando col lettore, magari chiedetegli anche di farvi sapere come ha trovato il libro, ben pochi lo faranno, ma è un modo per instaurare un rapporto.
  • Non arrabbiatevi se qualcuno dopo la presentazione non compra una copia, non potete conoscere le sue disponibilità economiche né i suoi gusti letterari, vi ha già fatto un favore ascoltandovi.
guardate la gioia di una lettrice dopo che gli avete scritto una bella dedica…

OK, credo di aver detto più o meno tutto quello che mi veniva in mente, quindi posso lasciarvi con qualche foto della mia ultima presentazione alla Libreria San Leonardo di Treviso, dove ho anche firmato qualche dedica!

Appunti di uno che scrive: ancora sulle presentazioni

Cose che ho imparato sulle presentazioni del proprio libro:

  • Il conduttore è importantissimo: deve tenere il pubblico, fare le domande giuste, colmare i silenzi e dare il ritmo giusto. Puoi anche aver scritto un gran libro ed essere bello e simpatico, ma senza un bravo conduttore non farai una buona presentazione
  • Vale la regola del 100-10-1: se inviti 100 persone, ne vengono 10 e una compra il libro.
  • Invita gente, tantissima gente, tutta la gente che conosci (vedi regola 100-10-1). Non pensare che lo faccia il gestore del locale, di solito loro sperano che tu porti clienti.
  • Devi scegliere l’orario e il giorno giusto, e non è detto che quello che è valido per un posto lo sia per un altro; ogni città, ogni zona e ogni locale hanno gli orari e i giorni migliori, prima di organizzare una presentazione è meglio fare una breve ricerca su questo aspetto.
  • I post sponsorizzati su Facebook non servono a niente, ti fanno spendere soldi e nessuna delle persone raggiunte verrà alla presentazione.
  • Non pensare che creare l’evento su Facebook voglia dire “fare promozione.”
  • Se non sei famoso e fai una presentazione in una città dove non conosci nessuno, non verrà nessuno.
  • Le presentazioni in coppia sono divertenti e spesso molto interessanti da seguire, ma chi viene a vedere l’altro difficilmente comprerà il tuo libro.
  • Dopo un’ora che ti sente parlare, la gente comincia a rompersi le palle.
  • Non dare per scontato che la casa editrice e il libraio si siano preoccupati di far arrivare i libri, meglio rompere le palle una volta in più che trovarsi senza copie il giorno della presentazione.
  • Ricordati che può sempre piovere.
  • Anche se non è venuto nessuno e hai parlato a delle sedie vuote, di’ sempre che è andata benissimo, puoi raccontare delle tue presentazioni deserte solo durante una presentazione gremita di pubblico per sembrare quello che è rimasto umile.

Dopo questa lista, beccatevi le foto della presentazione che ho fatto a Roma al Senior Jag Cafè assieme all’amica Ilaria Pasqua, che è stata un successo di pubblico e di vendite.

Dove vado: Vicino/Lontano

Nonostante il titolo del post molto poetico non mi sono mosso di tanto, lo scorso weekend (18-19 maggio) infatti si è svolto a Udine il festival Vicino/Lontano, un evento molto interessante giunto alla quindicesima edizione che mi sento di consigliarvi per il prossimo anno.

I miei amici di Digressioni sono stati parte attiva del festival e, ospiti di un caffè libreria molto carino, Il Caffè dei Libri (lo ammetto, potevano spremersi di più per il nome), Davide, Francesco, Annarosa e Carlo hanno intrattenuto le folle con la loro istrionica verve, esibendosi in furiosi stage diving e poghi scatenati.

Sto esagerando? No, li sto proprio prendendo in giro perché sono quattro persone dall’indole fin troppo pacata, ma hanno un sacco da dire e lo fanno con garbo e intelligenza. E poi hanno una grande ironia, almeno spero, visto che voglio continuare a scrivere per la rivista.

Tralasciando l’ingombrante presenza scenica dei relatori, di cui sotto potete vedere una testimonianza fotografica, la bellezza di Digressioni sta nella possibilità che dà di sconfinare in campi del sapere che non si conoscono e di arricchirsi creando ponti tra i vari campi della cultura.

l’ingombrante presenza scenica di un relatore di Digressioni

Si scopre così che il film Matrix e la biopolitica di Michel Foucault hanno più cose in comune di quanto si immagina; che Perrault, oltre che scrivere frasi disegnava labirinti per il re di Francia; e che, in tempi remoti, il nostro direttore Davide De Lucca scrisse la sceneggiatura di un improbabile film in cui lui ed Ezio Greggio tentavano di attraversare il confine con San Marino.

Dal punto di vista letterario si è parlato di ipertesti, di Bandersnatch e di Calvino, di librogame. Ho scoperto che esistono poesie interattive che cambiano se ci passi il mouse sopra o a seconda dell’ora in cui le leggi; poesie elttroniche che si cancellano una volta lette o che non sono mai uguali a loro stesse. Ho scoperto che la letteratura non è sempre statica, ma a volte può mutare assieme al lettore e che il lettore può interagire con il testo, non solo mentalmente, ma anche fisicamente.

E tutto questo l’ho scoperto grazie agli amici di Digressioni, quindi mi resta una sola cosa da fare prima di lasciarvi alla galleria fotografica ed è urlarvi: ABBONATEVI! (non ve ne pentirete).

Dove vado: il Salone del Libro parte 2°

Per chi frequenta il mondo dei libri e dell’editoria il Salone Internazionale del Libro di Torino è l’evento dell’anno e come tale è atteso e preparato cn cura. Da quattro anni a questa parte cioè da quando ho cominciato a frequentare il Salone, il mio rituale di preparazione è sempre lo stesso:

  1. a pochi giorni dall’inizio comincio a guardare l’app store per vedere se l’applicazione del Salone è aggiornata;
  2. mi lamento perché non lo è;
  3. aspetto finché non la aggiornano;
  4. controllo il programma e seleziono minuziosamente tutti gli eventi a cui voglio partecipare.

Poi è ovvio che, una volta a Torino, non partecipo a nessun evento e non seguo nessuna presentazione perché sono troppo lontane, c’è troppa gente, ho altro da fare o semplicemente non ne ho voglia. Ma va bene così, in fondo io al Salone ci vado perché mi piace stare allo stand della casa editrice e incontrare gente, altri scrittori come me (sì, qua do sono a Torino mi piace definirmi “scrittore”), editori, agenti, blogger, ecc.

Eppoi (prima che mi diate dell’ignorante, l’univerbazione è voluta) compro libri, tanti libri, e faccio foto, posto su Instagram e Facebook, taggo e ritaggo, anche se quest’anno la rete era così intasata che i post andavano on line due ore dopo; insomma, è una delle poche volte in cui mi sento veramente social.

Scrivere del Salone è sempre difficile perché è difficile trasmettere il marasma di sentimenti, la soddisfazione di aver portato il proprio libro a un evento così grande, la fatica dello stare in piedi tre giorni di fila, la gioia di incontrare tanti amici e di farsene di nuovi, le feste e le cene, tutto quello che ruota attorno a 5 giorni di metà maggio. Per questo infatti non lo farò, lascio alle immagini il compito di parlare per me.

Voglio però fare due cose: ringraziare ed elencare.

Ringrazio chi ho incontrato, in ordine rigorosamente casuale:

  • i miei compagni di avventura del Sad Dog Project Ilaria, Lorenzo e Mario (anche se non è venuto);
  • Gli autori di Scatole Parlanti che ho conosciuto;
  • Tutti gli amici autori, troppo lungo elencarli tutti e rischierei di dimenticarne qualcuno;
  • chi ha comprato i miei libri;
  • i miei editori: Scatole Parlanti e Gainsworth;
  • Gli amici editori, in particolare Plesio;
  • La rivista Crack e tutti quelli che hanno partecipato alla Notte delle Riviste, Inclusa Digressioni;
  • Radio Rogna per l’intervista che mi ha fatto in diretta;
  • tutti quelli che ho dimenticato.

Elenco i libri che ho comprato:

  • Healing Blood Libro Secondo, Lavinia Pinello e Candida Corsi, Dark Zone
  • Gomoria, Carlo H. De Medici, Cliquot
  • Italian Way of Cooking – Pizza Mostri e Mandolino, Marco Cardone, Acheron
  • Il Manifesto dei Cosmonisti, Mikael Nimi, IPreborea
  • Sotto un Cielo di Bombe, Eugenia di Guglielmo, Scatole Parlanti
  • Auxarian, Francesco Bellia, Scatole Parlanti
  • Goblin ad Alta Quota, Mala Spina, Acheron
  • A Volte le Parole non Bastano, Alessio Provenzani, Scatole Parlanti
  • Bomb Man, Ilaria Pasqua, Scatole Parlanti
  • Solo uno Stupido Sabato Sera, Luca Puggioni, Scatole Parlanti
  • Piccoli Suicidi tra Amici, Arto Paasilinna, Iperborea

Bene, e adesso, via con le foto!

Appunti di uno che scrive: altre presentazioni

ed eccoci a una nuova presentazione! stavolta parliamo di Digressioni, e in particolare dell’ultimo numero, il 10, che ha come tema “Reti.” Siamo al Bar Radio Golden di Conegliano, in provincia di Treviso, un bel locale, piccolo ma vivace, che da spazio a eventi culturali e di intrattenimento, con un piglio diverso da altri posti della provincia (per esempio è l’unico locale che conosca in zona che ha un cartellone di stand-up comedy). Stavolta però a dato spazio alla ciurma di Digressioni che ha intrattenuto il pubblico presente nonostante il diluvio con letture dai passati numeri della rivista inframmezzate da un po’ di musica scelta ad hoc.

come sempre, vi posto qualche foto da gustare e, chicca delle chicche, un video del mio partner in crime Francesco Zanolla che legge il mio racconto “Elegia per un cantiere” che potete trovare nel numero nove di Digressioni, come sempre sul nostro negozio etsy. (E abbonatevi, cazzo!)

Sotto con le foto! (Grazie a Laura per gli scatti)

Appunti di uno che scrive: le presentazioni

Diceva Patrick Fogli che le presentazioni sono l’unico momento in cui uno scrittore può veramente entrare in contatto coi suoi lettori; non posso che essere d’accordo e aggiungere che, da narcisisti patologici quali sono, agli scrittori piace da matti parlare di loro stesso e del loro lavoro di fronte a un pubblico.

Il problema è che a volte (spesso!) il pubblico non c’è e, vuoi perché le presentazioni sono viste come una cosa noiosa, vuoi perché l’evento è stato mal pubblicizzato, vuoi perché proprio non ti caga nessuno, ci si ritrova a parlare di fronte agli unici due amici che hanno avuto la pietà di venirti ad ascoltare.

Per fortuna lo scorso quattro aprile alla birreria Crua non è stato così.

Certo, il luogo dell’evento ha fatto la differenza: se dici a qualcuno: “vieni a sentirmi che presento la mia raccolta di racconti in libreria” quello si aspetta die ore di noia e bla bla bla, se invece cambi le prime quattro vocali e dici BIRReria, quello pensa: male che vada mi sbronzo come non ci fosse un domani, e viene a vederti.

Ed è proprio quello che è successo l’altra sera: abbiamo riempito il locale anzi, ce ne siamo proprio impadroniti (Scusa, Camilla!) abbiamo parlato di me (poco), del mio libro (abbastanza) e bevuto (molto). A dispetto delle mie previsioni pessimistiche è stata una delle migliori serate libresche a cui ho partecipato e posso dire, strano per me, che sono molto soddisfatto!

Questo però è uno di quei casi in cui le parole non sono adatte a descrivere l’evento, perciò lascio che a parlare siano le immagini.

Grazie a chi c’era, a chi non c’era ma voleva esserci, a chi c’era ma voleva essere da qualche altra parte e anche a chi non c’era, insomma, grazie a tutti!

Perché non regalo i miei libri

Una volta mi piaceva regalare i libri che avevo scritto. Mi sembrava un’idea carina per fare un dono diverso alle persone a cui tenevo e anche un modo per farmi conoscere, o comunque far sapere che sì, qualcosa scritto da me era stato valutato da un editore e scelto per diventare un prodotto editoriale.

Mi sbagliavo.

La cruda verità è che la maggior parte dei destinatari del vostro dono lo infileranno in uno scaffale dimenticandosene per sempre; qualcuno lo sfoglierà per sembrare interessato e lo lascerà nel portariviste del bagno; altri penseranno che sei un taccagno che non spende nemmeno dieci euro per comprare un regalo decente. Se poi fra gli amici a cui avete regalato un vostro libro c’è qualche scrittore, siete rovinati: penserà che siete uno squallido imbrattacarte faccia tosta alla disperata ricerca di popolarità.

Insomma, a farla breve, quasi nessuno capirà il valore del regalo che avete fatto.

Pensateci bene: agli occhi del profano quel libro è vostro, l’avete scritto voi, quindi non ha un valore quantificabile in euro; uno che non scrive non immagina la fatica, il tempo, le notti insonni necessarie per realizzare quel pacco di carte che ha in mano, tantomeno si immagina che il vostro editore i libri A VOI NON LI REGALA (se non poche copie omaggio) e che perciò, anche se c’è il vostro nome sulla copertina, voi il libro l’avete pagato, come fosse un qualsiasi altro bene. Per colui che riceve il dono, voi semplicemente avete regalato una cosa che avevate già, cioè non avete speso una lira.

Lo scrittore invece non penserà a questo, e nemmeno proverà empatia verso di voi, pur conoscendo tutti i travagli della scrittura. Divorato com’è da un immotivato senso di competizione, criticherà sempre e comunque ogni vostra iniziativa.

mettetela come volete, ma la conclusione è la stessa:

regalare una qualsiasi opera d’arte da voi creata ne svilisce immediatamente il valore.

Ed è questo il motivo per cui non regalo più miei libri. Già è un ambiente difficile, in cui per emergere almeno un pochino dal mare di aspiranti scrittori bisogna faticare in modo immane, voglio almeno evitare di affossarmi da solo.

Collegata a quella dei regali c’è la questione degli sconti, solitamente chiesti da amici in modalità e termini che vanno dalla parvenza di innocenza di:

«Mi fai uno sconto, per favore?»

(eccallà)

Attraverso un più perentorio:

«xx€? Eh vabbè, ma è troppo! io te lo compro però me lo fai pagare meno…»

(Perché quando vai in libreria chiedi a Dan Brown di farti lo sconto perché i suoi libri sono tutti uguali?)

Fino al (e qui torniamo ai paragrafi precedenti):

«Potresti anche regalarmelo, però!»

(come se tu avessi qualche merito speciale per il solo fatto che ci conosciamo da prima che scrivessi)

La risposta, in questi casi è sempre la stessa:

NO.

E, credetemi, non è una questione di avidità e nemmeno di principio (anche se le considerazioni fatte prima a proposito di regalare copie sono restano valide), è che l’editore, o lo stampatore nel caso self, a me le copie le fa pagare. D’accordo che non scrivo per i soldi che sono ben pochi (vedi post precedente), ma non vedo perché di tutta la filiera debba essere proprio lo scrittore quello che ci rimette sempre.

Le politiche di prezzo, gli sconti o la decisione di lasciare copie omaggio sono di pertinenza dell’editore, il lavoro dello scrittore è quello di creare la storia e metterci la faccia, alle presentazioni, alle fiere e agli eventi, a cui spesso partecipa affrontando le spese per conto suo. Non potete anche pretendere che ci rimetta nella vendita o che svilisca il suo lavoro abbassando i prezzi secondo il desiderio di chicchessia, non è rispettoso del suo lavoro.

Se volete aiutare uno scrittore a emergere, se volete riconoscere il valore del suo lavoro, comprate il suo libro, ma soprattutto leggetelo, e fategli sapere cosa ne pensate, con sincerità ed educazione. Che sia una critica o una lode, il giudizio dei lettori è il cibo che fa vivere ogni scrittore. (meglio una lode, però!)

Se siete in zona permettetemi quindi di invitarvi alla prima presentazione del mio nuovo lavoro, Niente di umano all’orizzonte, giovedì 4 aprile 2019 presso la birreria Crua, in via Roma 105 a Carbonera (Treviso). Mi farà delle scomode domande il caro Alberto Trentin e ci sarà un piccolo regalino (no, non il mio libro) per tutti i partecipanti.

vi sembrerà un gesto antipatico, ma ho deciso di non regalare più i miei libri.
Perché? ve lo spiego nel post!