Quello che leggo: Cecità e Il Condominio

Per caso mi è capitato di leggere uno di seguito all’altro due romanzi che vengono spesso accostati: Cecità, di José Saramago e Il Condominio di James G. Ballard (ringrazio Laura e Francesco per i regali).

Nonostante i vent’anni che li separano (Il Condominio è del 1975, Cecità del 1995) e le differenze di stile molto forti, entrambi i romanzi trattano lo stesso tema:

la regressione, l’imbarbarimento degli esseri umani quando le convenzioni sociali vengono meno.

in Cecità lo stimolo è dato da un’improvvisa epidemia che rende tutti i contagiati ciechi. Il Governo, che nel libro è un ente non specificato e astratto, fa rinchiudere tutti i malati in un vecchio manicomio, nel tentativo di fermare il contagio finché non si trovi una cura.

La reclusione, la malattia, la paura, il sentirsi abbandonati a loro stessi scatenano nei ciechi i più bassi istinti, liberano la violenza e la rabbia, fanno sì che, invece di collaborare, cerchino di prevalere sugli altri in un’ottica di “si salvi il più forte.”

In Il Condominio accade lo stesso, solo che in questo caso non sono poveri derelitti rinchiusi, ma ricchi professionisti che hanno scelto di abitare in un grattacielo di lusso dotato di tutti i servizi. il microcosmo chiuso però genera conflitti, che in breve sfociano in veri e propri atti di violenza.

Lo stile dei due romanzi è completamente diverso: dove Ballard è secco, preciso, quasi giornalistico, Saramago invece è onirico, ricercato: il suo sembra quasi un flusso di coscienza collettivo, pensieri, descrizioni e dialoghi dei personaggi si fondono, non c’è separazione tra una cosa e l’altra o, meglio, sta al lettore crearla.

Il Condominio mostra la violenza, senza filtrarla, Cecità la racconta, ma non per questo la rende meno d’impatto per il lettore. Entrambi mostrano il disfarsi della civiltà e il ritorno a una forma di organizzazione tribale, con piccoli gruppi di persone in lotta fra loro.

in Il Condominio emerge con forza la divisione in classi sociali, legata ai diversi piani del condominio, in Cecità le differenze si cancellano, appiattite dalla malattia che colpisce tutti indifferentemente.

Ballard dà un nome ai personaggi, una caratterizzazione, seppur a volte abbozzata: hanno un lavoro, un modo un aspetto, modi tipici; per Saramago i personaggi sono come archetipi: il ladro, il medico, la ragazza… non hanno nome, non sono individualizzati.

in Cecità tutto il mondo si disgrega, la malattia colpisce tutti, la reclusione è inutile; in Il Condominio il mondo viene estromesso dagli abitanti del grattacielo che si richiudono nel loro palazzo escludendo la vita al di fuori di esso.

Cecità, alla fine, un po’ di speranza la dà, Ballard invece è pessimista, non crede in nessuna possibilità di ritorno alla normalità una volta che le convenzioni sociali vengono scardinate, anzi, per lui la normalità è proprio quella del condominio.

Vi lascio con gli incipit dei due romanzi.

James G. Ballard, Il Condominio (trad. Paolo Lagorio)

Era trascorso qualche tempo e, seduto sul balcone a mangiare il cane, il dottor Robert Laing rifletteva sui singolari avvenimenti verificatesi in quell’immenso condominio nei tre mesi precedenti.

José Saramago, Cecità (trad. Rita Desti)

Il disco giallo si illuminò. Due automobili in testa accelerarono prima che apparisse il rosso. Nel segnale pedonale comparve la sagoma dell’omino verde. La gente in attesa cominciò ad attraversare la strada camminando sulle strisce bianche dipinte sul nero dell’asfalto, non c’è niente che assomigli meno a una zebra eppure le chiamano così.

Profondo Nordest e poesia

Ieri sono andato a Udine.

Beh, che c’è di strano? Direte voi, e infatti di strano non c’è niente, ma mi pareva un buon incipit per il post.

Insomma, sono andato a Udine perché la Libreria Tarantola, che vi invito a visitare se passare da quelle parti, ha ospitato la presentazione del progetto Digressioni Editore.

Di Digressioni vi ho parlato fino alla nausea: è una bellissima rivista, collaboro con loro da un anno, compratela perché merita, ecc. ecc. (a proposito: sta per uscire il numero nuovo). Ieri però la presentazione riguardava il progetto editoriale di Digressioni, ovvero la piccola casa editrice che è nata dalla rivista.

Se fondare una rivista è una follia, fondare una casa editrice è da Trattamento Sanitario Obbligatorio: le speranze di rimanere in vita dopo un anno sono pressoché nulle, i guadagni bassissimi e lo sbattimento enorme. In più devi anche avere a che fare con i disadattati che ti spediscono i loro manoscritti credendo siano dei capolavori. Per questo motivo nutro un’ammirazione sconfinata per Davide de Lucca, la mente dietro a Digressioni Editore: perché ha creato quello che io, con la mia razionalità di ferro, non ho mai avuto il coraggio di creare.

Perché dico tutto questo? per sbrodolarmi in lodi verso una cosa di cui, in qualche modo faccio parte? Non proprio: ieri infatti alla presentazione del progetto, sono rimasto colpito da una cosa:

la poesia è ancora viva.

E lo è davvero, non è una frase fatta per consolare quei pochi che ancora si esaltano di fronte a versi e libretti dalla copertina bianca, esiste tutto un sottobosco di persone giovani, brave e competenti che scrivono poesia, parlano di poesia, condividono poesia, promuovono poesia. Anche a Udine, anche nel profondo Nordest.

Io, come avrete capito, non sono un poeta, le mie uniche poesie risalgono all’adolescenza quando scrivevo cose tristissime andando a capo a metà frase e credevo di essere il nuovo Baudelaire. A me piace la narrativa, sento di non essere abbastanza profondo e attento ai dettagli per la poesia.

ma adoro i poeti. Mi piace il loro atteggiamento, il loro modo di pensare, i discorsi che fanno, il loro respirare continuamente la loro arte e, anche se li leggo poco, ringrazio che esistano.

Tutto questo per dire che ieri ho comprato Soglie di Transito, la raccolta di poesie pubblicata da Digressioni editore e, nella mia incompetenza, credo che dentro ci siano cose veramente belle.

Ovviamente se preferite la raccolta di racconti che contiene anche il mio Elegia per un Cantiere, non mi offendo mica…

Vi lascio con qualche foto della serata e con il link a un lavoro di Carlo Selan, che non è presente in Soglie di Transito ma collabora con Digressioni fin dagli esordi.

Dove vado: Ciarastea

La vigilia di Natale mi hanno chiesto di leggere un mio breve racconto (non più di 2 minuti di lettura a voce alta) per aprire Ciarastea, un evento benefico che si è svolto in varie piazze del centro di Treviso. Ovviamente ho accettato di buon grado per tutta una serie di motivi:

  • La richiesta è arrivata dalla direttrice artistica di Cartacarbone festival, che è stato chiamato per aprire la manifestazione;
  • come ho detto, l’evento serviva per dare sostegno e aiuto a Parent Project, un’associazione di pazienti e genitori con figli affetti da distrofia muscolare di Duchenne e Becker;
  • leggere, anche per pochi minuti, la vigilia di Natale nel pieno centro di Treviso in una Loggia dei Cavalieri addobbata a festa mi è sembrato un bell’onore e una discreta pubblicità.

A causa di qualche incomprensione con l’organizzazione, la pubblicità alla fine non è stata granché, ma il mio racconto l’ho letto e ho visto anche qualcuno tra il pubblico che sorrideva.

Eccomi a leggere in tutto il mio splendore! Grazie a Franco Favero per la foto

Se volete leggerlo anche voi, è qui e si intitola:

Babbo Media Manager

Nella sede della BN S.p.A., un elfo bussò all’ufficio del capo. «Buongiorno, signor Babbo.»
«Accomodati caro. Chi sei? Perdonami ma sto diventando vecchio, non ricordo più i nomi dei dipendenti.»
L’elfo si sedette. «Sono il Babbo Media Manager, signore.»
Babbo Natale finse di aver capito.
«E cosa posso fare per te?»
«Ho una proposta per modernizzarci un po’.»
Il principale si lisciò la barba.
«E cioè?»
«Le letterine signore, sono antiquate, ci sono i social network, è così che si comunica, oggi.»
Babbo Natale tolse il cappello rosso e si grattò la pelata.
«A me le lettere sembrano così poetiche…»
«Ma inefficienti, e antiecologiche, con tutta quella carta da smaltire. La gente oggi ci tiene, a queste cose.»
«Non sono convinto.»
«Si fidi di me, signore.»
Squillò il telefono. Un’ombra rannuvolò il volto di Babbo Natale. «Scusa ma devo andare, le renne minacciano uno sciopero, di nuovo. Se sei sicuro, procedi pure.»
«Grazie, signore.»
L’elfo creò i profili BabboOfficial su tutti i social. Fu un successo.
Si riuscì a sradicare la fake news che metteva in dubbio l’esistenza di Babbo Natale.
Il piccolo ufficio postale del Polo fu scaricato di lavoro.
Si capiva subito chi era stato buono.
Il principale era entusiasta.
Presto però nacquero i problemi.
Prima le richieste: la play, la voglio da un tera, altrimenti Leo piange; il trenino Lego mandamelo già montato, che non sono capace.
Poi le lamentele: trent’anni fa ti avevo chiesto il mostro di lava e non me l’hai portato!
Arrivarono i fanatici: io ti lascio solo latte di riso e biscotti gluten free.
Gli animalisti: maltratti le povere renne per il tuo tornaconto!
I complottisti: la tua slitta rilascia scie chimiche!
I comunisti: sei un fantoccio al servizio delle multinazionali!
E i cattocomunisti: e hai anche rubato il posto a San Nicola!
Facebook bloccò la pagina perché “non conforme alle linee guida della community.”
Ed è per questo che, anche quest’anno, a Babbo Natale i bimbi hanno spedito le letterine.

Dove vado: Volta la Carta

Capita che in questo periodo di feste di Natale (vi ho parlato della festa di Digressioni?), cene di Natale, spritz di Natale ci si perda qualche evento interessante. Ed è proprio quello che pensavo fosse successo a me con Volta la Carta, il primo di una serie di incontri, organizzati dalla scuola di scrittura Il Portolano, in cui si può leggere in pubblico un proprio breve testo.

L’evento era ispirato a De André che io conosco poco, e pensavo coincidesse con con la festa di Natale di Digressioni (ve ne ho parlato?), perciò avevo deciso di non partecipare. Ieri, però, dopo essermi accorto di aver sbagliato giorno, sono andato a vedere com’era la situazione.

Il problema di conoscere persone che organizzano serate di questo tipo è che rischi di venire prelevato di forza e buttato sul palco a leggere qualcosa che hai scritto, senza nessun preavviso. Ed è proprio quello che è successo a me.

Si cominciava verso le 18.00 e io mi sono presentato puntuale. Come capita spesso in questi casi non c’era ancora quasi nessuno, tranne Bruna Graziani, direttrice artistica di Cartacarbone e organizzatrice della serata, che, ancora prima di salutarmi mi dice: «Tu leggi, vero.» L’assenza di punto di domanda è voluta.

Solo che io non avevo preparato niente. Bruna insisteva, facendosi spalleggiare anche dalle sue complici, quindi ho lottato con la connessione 4G debole e ho scaricato un raccontino che ho scritto in un momento di disperazione quando ho accompagnato mio figlio a una festa di compleanno da MacDonald’s (se siete genitori potete capirmi).

Alcuni dettagli sono cambiati per proteggere la privacy dei bimbi e il finale non corrisponde alla realtà, però si tratta sostanzialmente di una storia vera.

Settenni

La festa dei settenni era appena iniziata e, puntuale come l’Happy Meal, era arrivato il mal di testa. Non c’era da stupirsi: chiudi una ventina di bambini in un McDonald’s e la pressione sonora supererà velocemente quella di un airbus al decollo.
Sedevo in un angolo, abbastanza vicino per controllare che mio figlio non venisse ucciso o uccidesse qualcuno, ma strategicamente defilato per non dover intrattenere conversazioni con qualcuno dei genitori che, ovviamente, non conoscevo. Croce e delizia del padre separato: sei spesso lontano da tuo figlio, ma non sei costretto a subire le continue feste di compleanno. Maledetti genitori, copulassero a ottobre, così i bimbi nascono in estate.
Avevo sperato fino all’ultimo in un malanno del festeggiato, un attacco di nausea di mio figlio, un blackout causato dalla pioggia, ma niente, tutti in perfetta salute e il locale con gli impianti elettrici in ordine. Odio questi McDonald’s così ligi alle regole di manutenzione.
Non potendo scappare mi sono dedicato completamente al telefonino, cercando un aiuto, seppur virtuale, da qualche contatto Telegram.
Ho inviato messaggi con metodo, partendo dalla A fino alla Z, ho mandato saluti perfino a Zibi Zeniadek, il muratore ceceno che mi aveva posato le piastrelle del bagno e di cui non sapevo nemmeno di aver salvato il numero. Mi ha risposto che non poteva aiutarmi e che, anche fosse stato disponibile, avrebbe preferito ripiastrellare i bagni pubblici di Grozny.
Gli amici, quelli veri che vedi nel momento del bisogno, invece hanno addotto scuse fallaci, come ad esempio l’abitare lontano. Ma cos’è la distanza tra Crema e Ladispoli quando devi salvare qualcuno da un’orda di settenni? Io, per un amico, sarei accorso. Non è vero, ma volevo farlo sentire in colpa. Ero solo e circondato, e nemmeno gli occasionali messaggi di sostegno potevano aiutarmi. Dovevo cavarmela da solo.
Ho pensato allora al gas: silenzioso, democratico, avrebbe steso indifferentemente genitori e bimbi e, lavorando bene sulle concentrazioni, sarei riuscito a non causare danni permanenti. Ho interpellato il mio mercante d’armi, purtroppo però le sostanze chimiche erano di difficile reperibilità e non sarei riuscito a ottenerle in tempo; lui insisteva sull’efficacia dei fucili automatici AKS a canna corta, ma aveva un concetto di “niente danni permanenti” piuttosto sfumato. Una leggera zoppia dovuta a un proiettile che frantumava la tibia o la sordità causata dalla raffica in un locale chiuso per lui non rientravano nel concetto di danno.
  La festa intanto continuava e il rombo dei bambini trapanava le orecchie. Nessuno ormai rispondeva più ai miei messaggi, mi avevano abbandonato, i bastardi.
A un tratto mi è venuta un’idea, dopotutto quello che diceva il mercante sull’efficacia delle armi da fuoco non era così sbagliato. Sono corso all’auto e ho aperto il bagagliaio: ricordavo bene, il mio vecchio costume da babbo natale era ancora lì. Ho afferrato il sacco e mi sono infilato nel bagno: la calzamaglia rossa mi andava un po’ stretta ma tutto sommato non stava male. Ho fatto irruzione nella sala della festa e sono piombato sopra un tavolo, calciando via bicchieri di Coca e McNuggets mezzi masticati. Genitori e bimbi mi hanno fissato ammutoliti, io li ho osservati tutti dall’alto ed ho emesso un ringhio basso e continuato. Qualcuno ha ridacchiato, l’ho fulminato con lo sguardo.
Tutti gli occhi erano puntati su di me, mi sono goduto il momento e mi sono concesso un sorriso sghembo, sono un maestro nelle pause a effetto. Poi ho urlato, più di tutti i bambini urlanti della città, ho estratto la vecchia Ruger, l’ho puntata in alto, poi verso i genitori che si sono buttati a terra con le mani sopra la testa. Sono saltato giù, rischiando di scivolare sul pavimento viscido, e mi sono precipitato fuori. 
Ho lasciato la macchina al parcheggio, qualcuno l’avrebbe recuperata e magari avrebbe anche riportato mio figlio alla madre, mentre io correvo in mezzo ai campi, sotto la pioggia, verso il mare.

Ed eccomi in tutta la mia bellezza mentre leggo il racconto dal telefonino. (foto di Franco Favero)

Quello che leggo: la mappa delle mie letture

Vi ho già parlato della mappa delle mie letture, svelandovi quanto sono un nerd fissato con la catalogazione; bene, adesso, giusto per complicare tutto ho fatto delle modifiche.

La vecchia mappa classificava gli autori con uno schema di colori “qualitativo” (cioè ad minchiam): in blu gli autori famosi, in viola quelli che lo sono meno, in verde quelli c he conosco di persona… insomma era un po’ un casino.

La nuova versione invece è più scientifica: il colore rappresenta il periodo di nascita. Così la suddivisione è molto più semplice:
nati prima del 1800;
tra il 1800 e il 1850;
tra il 1851 e il 1900;
e così via, a intervalli di 50 anni, fino al 2000.

Così, per esempio, ho scoperto che ho letto un solo nato prima del 1800 (Mary Shelley, 1797) e nessuno nato dopo il 2000.

Non sono pienamente soddisfatto della mappa, gli strumenti di google mymaps sono un po’ poveri, mi piacerebbe inserire link alle biografie degli autori o ai libri, per renderla più interattiva, ma non mi semnbra si possa fare.

Se qualcuno conosce qualche strumento gratuito per creare mappe di questo tipo che funzioni meglio di google mymaps me lo faccia sapere per favore, intanto, ecco la mappa.

Non c’ho tempo per leggere!

Copertina di Storie di Okkervill con orologio

Io vorrei leggere ma non c’ho tempo!

Ho sentito Questa frase centinaia di volte e per ognuna mi incazzo di più: non è vero, non è il tempo che ti manca, è la voglia.

Come gran parte delle persone, ho un lavoro che mi impegna dalle 8 alle 10 ore al giorno, vado a fare la spesa, guardo la TV, mangio, cerco di stare con mio figlio il più possibile e sto anche provando a ricrearmi una vita sociale, però, come dice la mia pagina Goodreads (sono un catalogatore compulsivo, lo so) l’anno scorso ho letto 40 libri. Perché sono più bravo degli altri? Perché dormo poco? Perché uso tecniche speciali di lettura veloce?
No. Perché mi piace leggere e mi ritaglio il tempo per farlo.

Leggo la sera, invece di guardare la TV; dopo pranzo nei weekend; leggo in aereo e in treno, e quando viaggio porto sempre il Kindle con me. A volte leggo anche in pausa pranzo al lavoro.

Ma non è un sacrificio o un obbligo, io sono contento di ritagliarmi del tempo per la lettura, leggere mi dà piacere, mi diverte, e più riesco a farlo più sto bene.

La mancanza di tempo è solo una scusa: uno studio del 2012 ha stimato che la velocità media di lettura per l’italiano è 188 parole al minuto (se volete saggiare la vostra velocità di lettura andate qui), perciò, facendo un rapido conto, per leggere le 244 pagine che compongono Alieni a Crema del mio amico Lorenzo Sartori, cosa che vi consiglio vivamente, ci vogliono circa 5 ore e 24 minuti, una decina di giorni ritagliandosi una mezz’oretta al giorno. Non mi sembra uno sforzo sovrumano, no?

Non sono qui per dirvi che dovete leggere, credo che la lettura, soprattutto di narrativa, debba essere un piacere e non un’imposizione perché “è un’attività culturale;” ognuno di noi ha già abbastanza obblighi in molti aspetti della sua vita ed è giusto che nel suo tempo libero faccia quello che gli pare, sia guardare un film, videogiocare, andare in birreria o qualsiasi altra cosa. Per favore non venitemi a dire che non avete tempo per leggere, il tempo si trova se c’è la voglia, se invece quella non c’è, ammettetelo chiaramente vivrete più sereni voi e non farete incazzare me 🙂

Se però state leggendo questo blog, significa che la letteratura vi interessa almeno un pochino, oppure che siete uno dei pochi amici che ancora mi caga; in entrambi i casi dovreste sapere che io, oltre a leggere, scrivo qualcosina, quindi fate l’ultimo sforzo per rendermi felice e andate a vedere qui.

Grazie!

EDIT: a questo link potete leggere il racconto completo da cui sono stati i brani per il test sulla velocità di lettura.

Quello che leggo: la mappa

Posso provare a nasconderla in tutti i modi, ma alla fine la verità viene sempre a galla: io sono un nerd.

E come tale, ho una passione malata per le statistiche, i grafici, le classiche, i cataloghi e le mappe. Le mappe mi fanno impazzire, soprattutto quelle tematiche, dove gli stati hanno colori diversi legato a qualche statistica, tipo il consumo di birra pro-capite o il numero di gelaterie ogni centomila abitanti; per non parlare poi di quelle infografiche con gli istogrammi sovrapposti agli stati, o quei planisferi interattivi che quando clicchi ti sputano fuori tabelle di dati e grafici a torta, per quelli vado proprio fuori di testa.

Ora che ho fatto coming out posso spiegare il significato della mappa sulla pagina quello che leggo del sito: vi sono posizionati gli autori di tutti i libri di narrativa che ho letto o meglio, che mi ricordo di aver letto. Per ogni autore ho scelto la città più rappresentativa, non necessariamente quella di nascita, per esempio ho messo Calvino a Sanremo e non a Cuba dove è nato, e ho riportato i libri che ho letto, elencandoli in ordine di lettura.

I colori dei segnaposto rappresentano un’ulteriore classificazione:

in blu ci sono gli autori imprescindibili;

in viola autori un po’ meno famosi;

in verde gli autori che conosco di persona;

in arancione quelli che ho scoperto e letto grazie agli amici del club di lettura del Portolano.

Mancano molte delle mie letture più vecchia ma anche così si vede chiaramente come i miei gusti siano polarizzati verso la letteratura anglosassone e verso i nuovi scrittori italiani; cercherò di allargare i miei orizzonti verso gli asiatici e colmare qualche lacuna sui classici.

Nel frattempo, se ne avete voglia, divertitevi a esplorarla e magari a trovare qualche spunto per le vostre letture.

buona navigazione!