Torte in forno #3

Dopo una lunga pausa estiva dovuta a vacanze, casini lavorativi e impegni vari di scrittura, eccomi du nuovo tra voi. E quale metodo migliore c’è che raccontarvi cosa ho fatto in questo mese abbondante di assenza dai lidi digitali? Ecco quindi la nuova puntata della rubrica Torte in Forno! Perciò ecco a voi l’elenco di cosa sto combinando in questi giorni.

  • Digressioni 12. Il tema del numero è “Metamorfosi,” per una volta ho lasciato perdere la narrativa e mi sono concentrato solo sulla saggistica; il mio articolo come al solito confronta un romanzo di fantascienza con qualcosa di reale, questa volta si tratta dei luoghi della metamorfosi. Non vi viene in mente nulla? suggerimento: ho parlato di un Area X e di un certo reattore nucleare…
    Sfortunatamente l’amico molto bravo che volevo coinvolgere è troppo impegnato, ma io non demordo.
  • Concorsi letterari.
  • Riviste.
    • Ho inviato un paio di racconti, vediamo come andrà.
  • Birraccontami.
    • Siamo pronti per la serata finale che si terrà martedì 3 settembre sempre alla birreria Crua. Se siete in zona non mancate, ci sarà da divertirsi!
  • Varie ed eventuali

Direi che per ora è tutto, a risentirci!

Nuova rubrica: torte in forno

Inauguro con questo post la nuova rubrica “torte in forno” in cui scriverò dei progetti a cui sto lavorando o a cui voglio lavorare (Work in progress non mi piaceva, è una locuzione abusata), così i miei 25 lettori saranno sempre accuratamente edotti delle mie innumerevoli attività (questa frase è un classico esempio di inutile sfoggio di erudizione).

Ordunque veniamo al dunque, che sta combinando il Tonini? Ecco la solita lista disordinata.

  • Digressioni 11. Ormai è diventato un appuntamento fisso di scrittura, non solo di lettura; dopo il numero 10 disponibile ora, per il quale ho scritto solo un saggio, nel numero 11 potrebbe esserci un mio doppio contributo: saggio e racconto. Vedremo.
  • Concorsi letterari. Ci sono un po’ di concorsi a cui vorrei partecipare con un racconto:
  • L’Enciclopedia dei fastidi di Diego Tonini, un progetto di racconti “fastidiosi” di cui parlerò a tempo debito…

Ho tante altre idee in testa, e troppo poco tempo per realizzarle, ma di quelle parlerò nei prossimo post…

Ah, foto e colombe sono state gentilmente offerte dal mio amico Mario Pacchiarotti

Appunti di uno che scrive: l’editing

Avete scritto il vostro romanzo e, contrariamente a ogni previsione, un editore ha deciso di pubblicarlo; credete che ormai sia fatta, che da qui sia tutta discesa…

Sbagliato.

Voi pensavate di aver finito il vostro lavoro che, una volta consegnato il manoscritto e firmato il contratto, l’unica cosa di cui avreste dovuto preoccuparvi sarebbe stata un crampo alla mano per le troppe copie firmate, e invece no, vi attende il terribile spauracchio, il babau letterario, la croce di ogni autore:

L’editing.

Vi vedo già alzare le spalle e stamparvi in faccia quel sorrisetto da saputelli, sento i vostri pensieri che dicono:

Eh ma cosa vuoi che sia… giusto qualche correzione da fare, errori di battitura, nomi sbagliati… cazzatine, il mio manoscritto è praticamente a posto.

Sbagliato un’altra volta.

L’editing per uno scrittore rappresenta quello che le tre prove dell’Oracolo del Sud erano per Atreyu e va affrontato con lo stesso timore.

L’editor è come le sfingi, decide cosa lasciar passare e cosa distruggere secondo una logica che l’autore non capisce. Dopo le sfingi la porta dello specchio magico ti mostra lo scrittore che sei veramente, ho visto persone che credevano di essere gran romanzieri cadere sotto i colpi dello spietato editor, e giovani insicuri attraversare lo specchio con facilità come autori navigati. E, come nella terza porta, solo chi riesce ad accantonare le proprie volontà e affidarsi a quella dell’editor, potrà passare e vedere la propria bozza finale.

E poi confrontarsi con Vader (No, ho sbagliato film, scusate).

L’editing rappresenta per l’autore le prove che ha dovuto affrontare Atreyu per arrivare all’Oracolo del Sud

Fuori dalle metafore, l’editing può essere un processo doloroso per lo scrittore in erba perché un bravo editor è spietato e mette in evidenza tutte le carenze del testo, soprattutto quelle che l’autore non è riuscito a vedere. Di primo acchito la reazione di chiunque è di rifiuto, si tende a tacciare l’editor di incapacità, si vuole difendere a oltranza quello che si è scritto; instaurare un rapporto di fiducia con un editor è invece fondamentale e necessario, non solo per rendere il proprio manoscritto un “libro” ma anche per imparare e migliorarsi in funzione del nostro prossimo lavoro.

Ricordate però che l’editor è una persona con i suoi gusti e le sue idee e che non tutto quello che dice va recepito senza discutere (ma un buon novanta percento sì) la cosa fondamentale è discutere assieme e ricordarsi che si lavora per uno scopo comune: il miglioramento del testo.

Quindi, non siate felici se l’editor vi ha segnato poche cose, siatelo se ve ne ha segnate molte, è un’ottima occasione per crescere come scrittori.

Vi lascio rimandandovi a quanto scritto da un amico che di scrittura ne sa più di me, e che di editing se ne intende (cliccate qui).

editor e autore discutono su un passo del romanzo

Perché non regalo i miei libri

Una volta mi piaceva regalare i libri che avevo scritto. Mi sembrava un’idea carina per fare un dono diverso alle persone a cui tenevo e anche un modo per farmi conoscere, o comunque far sapere che sì, qualcosa scritto da me era stato valutato da un editore e scelto per diventare un prodotto editoriale.

Mi sbagliavo.

La cruda verità è che la maggior parte dei destinatari del vostro dono lo infileranno in uno scaffale dimenticandosene per sempre; qualcuno lo sfoglierà per sembrare interessato e lo lascerà nel portariviste del bagno; altri penseranno che sei un taccagno che non spende nemmeno dieci euro per comprare un regalo decente. Se poi fra gli amici a cui avete regalato un vostro libro c’è qualche scrittore, siete rovinati: penserà che siete uno squallido imbrattacarte faccia tosta alla disperata ricerca di popolarità.

Insomma, a farla breve, quasi nessuno capirà il valore del regalo che avete fatto.

Pensateci bene: agli occhi del profano quel libro è vostro, l’avete scritto voi, quindi non ha un valore quantificabile in euro; uno che non scrive non immagina la fatica, il tempo, le notti insonni necessarie per realizzare quel pacco di carte che ha in mano, tantomeno si immagina che il vostro editore i libri A VOI NON LI REGALA (se non poche copie omaggio) e che perciò, anche se c’è il vostro nome sulla copertina, voi il libro l’avete pagato, come fosse un qualsiasi altro bene. Per colui che riceve il dono, voi semplicemente avete regalato una cosa che avevate già, cioè non avete speso una lira.

Lo scrittore invece non penserà a questo, e nemmeno proverà empatia verso di voi, pur conoscendo tutti i travagli della scrittura. Divorato com’è da un immotivato senso di competizione, criticherà sempre e comunque ogni vostra iniziativa.

mettetela come volete, ma la conclusione è la stessa:

regalare una qualsiasi opera d’arte da voi creata ne svilisce immediatamente il valore.

Ed è questo il motivo per cui non regalo più miei libri. Già è un ambiente difficile, in cui per emergere almeno un pochino dal mare di aspiranti scrittori bisogna faticare in modo immane, voglio almeno evitare di affossarmi da solo.

Collegata a quella dei regali c’è la questione degli sconti, solitamente chiesti da amici in modalità e termini che vanno dalla parvenza di innocenza di:

«Mi fai uno sconto, per favore?»

(eccallà)

Attraverso un più perentorio:

«xx€? Eh vabbè, ma è troppo! io te lo compro però me lo fai pagare meno…»

(Perché quando vai in libreria chiedi a Dan Brown di farti lo sconto perché i suoi libri sono tutti uguali?)

Fino al (e qui torniamo ai paragrafi precedenti):

«Potresti anche regalarmelo, però!»

(come se tu avessi qualche merito speciale per il solo fatto che ci conosciamo da prima che scrivessi)

La risposta, in questi casi è sempre la stessa:

NO.

E, credetemi, non è una questione di avidità e nemmeno di principio (anche se le considerazioni fatte prima a proposito di regalare copie sono restano valide), è che l’editore, o lo stampatore nel caso self, a me le copie le fa pagare. D’accordo che non scrivo per i soldi che sono ben pochi (vedi post precedente), ma non vedo perché di tutta la filiera debba essere proprio lo scrittore quello che ci rimette sempre.

Le politiche di prezzo, gli sconti o la decisione di lasciare copie omaggio sono di pertinenza dell’editore, il lavoro dello scrittore è quello di creare la storia e metterci la faccia, alle presentazioni, alle fiere e agli eventi, a cui spesso partecipa affrontando le spese per conto suo. Non potete anche pretendere che ci rimetta nella vendita o che svilisca il suo lavoro abbassando i prezzi secondo il desiderio di chicchessia, non è rispettoso del suo lavoro.

Se volete aiutare uno scrittore a emergere, se volete riconoscere il valore del suo lavoro, comprate il suo libro, ma soprattutto leggetelo, e fategli sapere cosa ne pensate, con sincerità ed educazione. Che sia una critica o una lode, il giudizio dei lettori è il cibo che fa vivere ogni scrittore. (meglio una lode, però!)

Se siete in zona permettetemi quindi di invitarvi alla prima presentazione del mio nuovo lavoro, Niente di umano all’orizzonte, giovedì 4 aprile 2019 presso la birreria Crua, in via Roma 105 a Carbonera (Treviso). Mi farà delle scomode domande il caro Alberto Trentin e ci sarà un piccolo regalino (no, non il mio libro) per tutti i partecipanti.

vi sembrerà un gesto antipatico, ma ho deciso di non regalare più i miei libri.
Perché? ve lo spiego nel post!

Appunti di uno che scrive: la ricerca dell’editore

macchina da scrivere con foglio con su scritto END

Conoscete qualche scrittore? Bene, se dice che scrive per se stesso, che non gli importa di chi lo legge, non credetegli: tutti quelli che dicono di scrivere lo fanno per essere letti, nessuno escluso; chi non vuole un pubblico tiene i suoi manoscritti nascosti e non racconta in giro che li scrive.

Non tutti però arrivano alla pubblicazione, quasi nessuno ci arriva facilmente, pochi sono poi soddisfatti dei risultati ottenuti e una percentuale minima guadagna abbastanza per vivere con i libri pubblicati.

Lo ripeto, più per me che per voi:

A fare lo scrittore non ci si campa.

Sì, è vero, ma sai, forse io, o magari una botta di c… no, piuttosto prova il trading on line, le criptovalute, i trucchi che i padroni dei casinò non ti vogliono far sapere o il superenalotto, ma non pensare di far soldi scrivendo.

Chiarito questo concetto, passiamo subito a enunciare un’altra grande verità:

L’editore perfetto non esiste (nemmeno se sei tu).

Mi spiego meglio: se si vuole pubblicare esistono 2 possibili strade: cercarsi un editore oppure fare da soli. Se siete minimamente interessati alle dinamiche editoriali, in rete avrete già trovato migliaia di discussioni e altrettanti flame su quale delle due sia meglio. Io le ho seguite entrambe perché mi piace avere sempre più di una possibilità, e penso che ci siano pro e contro in ognuna delle due.

In estrema sintesi, le differenze tra l’autopubblicazione e la pubblicazione con editore sono: l’editore, in cambio di una percentuale (maggioritaria) sui diritti di sfruttamento commerciale dell’opera si occupa dell’editing, della copertina, della stampa, della commercializzazione e della distribuzione del vostro libro, cose che nell’autopubblicazione dovete fare da voi e, credetemi, anche se pensate di essere bravi a editare voi stessi e a farvi le copertine, non è vero, avrete bisogno di qualcuno che vi aiuti, possibilmente non vostro cugino. Allora perché il self publishing? Perché se fate da soli avete il controllo su tutte le fasi del processo editoriale, dalla scrittura alla vendita e, se fate le cose bene, il guadagno a copia venduta è sicuramente maggiore. Però dovete fare le cose bene, e non è facile.

In tutto questo ho volutamente trascurato l’editoria a pagamento: un editore serio non chiede soldi per pubblicarvi, ma ottiene il guadagno attraverso le vendite del libro, proprio come voi. Dovete diffidare di qualsiasi contratto che preveda un contributo dell’autore, anche sotto forma di acquisto obbligato di copie per due motivi:

  1. Se pagate voi l’editore, questi non ha nessun interesse a realizzare un prodotto appetibile per il pubblico e a commercializzarlo, perché il suo guadagno l’ha già realizzato con i vostri soldi;
  2. con il contributo chiesto dall’editore potete pagarvi invece un editor e un copertinista e poi autopubblicarvi, con maggiori soddisfazioni.

Detto ciò, per trovare un editore quello che bisogna fare è cercarlo. Tautologico, vero? Sì, ma non così scontato: un editore non vi proporrà mai di sua sponte un contratto, siete voi che dovete inviare il manoscritto e fare in modo che vi noti nella marea di email che riceve. Sfatiamo subito due miti:

  1. non è vero che vengono pubblicati solo quelli che hanno conoscenze, vengono pubblicati quelli che hanno, o sono, un prodotto vendibile, vendibile per l’editore, che ragiona con logiche diverse dalle vostre perché normalmente con l’attività editoriale ci paga le bollette e non lo fa per hobby come la maggior parte degli scrittori esordienti.
  2. La casa editrice non vi ruberà il manoscritto per poi pubblicarlo a nome di un altro, primo perché probabilmente fa schifo e secondo, perché poi dovrebbe pagare un ghostwriter per rivederlo, correggerlo e sistemarlo, cosa che lo scrittore esordiente fa di buon grado gratis.
uomo con binocolo nel deserto
dov’è la casa editrice giusta per me?

Come si fa a contattare una casa editrice? Semplice: si va sul loro sito alla sezione “manoscritti” e si seguono le regole che quasi sicuramente hanno scritto. Ci sono comunque delle regole di validità generale, basate più che altro sul buon senso ma che è sempre meglio non dare per scontate.

  • Seguite le indicazioni che vi danno: se richiedono sinossi e primi quattro capitoli è inutile mandare tutto il manoscritto; se accettano solo invii cartacei, non mandate una mail, tanto la cestinano.
  • Sembra banale, ma siate cortesi: nel corpo della lettera salutatevi, presentatevi brevemente, ringraziate per l’attenzione, firmatevi lasciando anche il recapito telefonico. una mail vuota con un allegato word non è il miglior biglietto da visita.
  • non lodatevi né mortificatevi, non millantate amicizie altolocate, non usate font strani o colori sgargianti, non cercate di fare gli originali a tutti i costi, quello che conta è il manoscritto.
  • curate la sinossi, è la prima cosa che viene letta. Se non riuscite a riassumere l’idea portante del romanzo in poche righe, forse non c’è un’idea portante.
  • se dicono che vi faranno sapere entro sei mesi, non chiamate dopo una settimana.
  • inviate a case editrici che hanno una linea editoriale corrispondente alla vostra opera; se avete scritto un romanzo di formazione ambientato nella Danimarca del settecento, difficilmente lo vedrete pubblicato da Fanucci. A meno che non ci siano i robot, ovviamente.

Come ho scritto all’inizio, la casa editrice perfetta non esiste, non perché gli editori non facciano bene il loro lavoro, semplicemente perché la perfezione non è di questo mondo e se un editore è forte in un campo, come la presenza fisica alle fiere, può non esserlo altrettanto sui social, per esempio, ma questo non vuol dire che non si possa stabilire una collaborazione proficua e basata sulla fiducia.

Devo ammettere che io sono stato fortunato: ho pubblicato due libri con due case editrici diverse, e un terzo sta per uscire con un’altra; cono ogni editore mi sono trovato bene, ho creato un rapporto basato sulla fiducia e l’amicizia, ho imparato e mi sono pure divertito.

Il mio primo romanzo – Storie di Okkervill – è uscito con Gainsworth Publishing, una piccola casa editrice specializzata in fantasy: sono molto selettivi, pubblicano pochi titoli l’anno, curano particolarmente la stampa e la veste grafica ma non tralasciano la presenza in ebook sui principali store. Non fanno molte fiere, ma in quelle a cui partecipano si spendono molto per eventi e presentazioni.

Nella botte piccola ci sta il vino cattivo, pur essendo il primo romanzo che ho scritto, è uscito successivamente con Nativi Digitali Edizioni, una casa editrice di Bologna che, come dice il nome, è nata proponendo opere in ebook anche se si è successivamente allargata al cartaceo. Fedeli al loro spirito, i Nativi basano la loro strategia di marketing prevalentemente sulla presenza i rete, attraverso il loro sito e sui social, anche se ogni tanto potete vederli a fiere e manifestazioni in giro per l’Italia. Hanno un catalogo ampio, apprezzano le storie fuori dalle righe che hanno qualcosa di originale.

Niente di umano all’orizzonte è una raccolta di racconti e uscirà i primi di aprile per Scatole Parlanti, uno dei tre marchi editoriali del Gruppo Alter Ego. Sono appena entrato nella loro scuderia quindi non posso fornire giudizi completi ma sono rimasto molto colpito dalla loro professionalità e dalla visione chiara che hanno del loro lavoro. Comunicazione puntuale anche via telefono, chiarezza, supporto all’autore e massima disponibilità sono caratteristiche che ho notato fin da subito.

Concludo dicendo che le piccole realtà editoriali italiane, come quelle che ho descritto sopra, fanno un lavoro difficile e irto di ostacoli, in cui le soddisfazioni sono poche e i bocconi amari da ingoiare tanti, ma realizzano spesso prodotti di ottima qualità che non hanno nulla da invidiare a quelli delle grandi realtà italiane ed estere. Comprare un libro di un piccolo editore è una piccola spesa che però può aiutare imprenditori giovani e coraggiosi, rendere felice un autore e regalarvi preziosi momenti di piacere nella lettura.

Appunti di uno che scrive: la nascita di un libro

Julien Blaine, Macchina per scrivere fotografata da me alla mostra Poetic Boom Boom, Galleria delle Prigioni, Treviso

Il mondo è pieno di scrittori. Pullula, straborda di scrittori, ne è infestato. Che se ci pensate non è neppure così strano, visto che a tutti piace raccontare storie, magari infarcendole di particolari, esagerando la realtà oppure inventandosi intere parti di sana pianta.

Nonostante sappia di essere solo uno in mezzo alla folla, lo scrittore medio è però convinto di essere più bravo delle massa di semianalfabeti che lo circonda e ritiene il suo manoscritto l’unico e il solo che valga la pena di essere stampato in milioni di copie affinché il mondo possa saziarsi di cotanta bellezza. Convinzione che ovviamente si frantumerà contro la solida muraglia di rifiuti opposti dalle case editrici.

Esistono tuttavia alcuni metodi che permettono di distinguere lo scrittore (mediamente) bravo da quello pessimo, e il primo fra tutti è:

Lo scrittore bravo scrive, quello pessimo dice di scrivere.

Sembra una frase banale ma non lo è: la cosa più difficile da fare quando si scrive un libro è proprio mettersi a scriverlo, c’è così tanto altro da fare, navigare in internet alla ricerca di ispirazione; postare sui social foto davanti al computer o col quadernino in mano; parlare con altri scrittori di quanto alcuni scrittori facciano schifo; rosicare di fronte a gente che ha pubblicato e venduto più di noi… insomma, abbiamo così poco tempo, volte anche che ci si metta a scrivere, che poi tanto lo sappiamo tutti che pubblicano solo i raccomandati.

Io che, pur essendo uno di quelli bravi resto comunque umile, il libro l’ho già scritto (veramente ne ho scritto più d’uno ma non mi piace vantarmi) e sono anche riuscito, senza raccomandazioni badare bene, a farlo accettare da una casa editrice che lo pubblicherà a breve. Si tratta di una raccolta di tredici racconti distopici che…
Vabbè, il libro uscirà tra qualche settimana nella collana “Mondi” di Scatole Parlanti Edizioni, è bellissimo e voi DOVETE ASSOLUTAMENTE COMPRARLO, CAPITO?!?

Ora che ho fatto la mia marchetta pubblicitaria vengo al punto (pare che lo storyrelling funzioni per convincere le persone a comprare i libri…) cioè all’idea geniale che mi è venuta: raccontare come è nato *libro più bello del mondo* (con la casa editrice non abbiamo ancora deciso il titolo quindi ne ho messo uno provvisorio di poche pretese…) descrivendo una per una tutte le fasi dalla nascita dell’idea al libro finito.

bene, allora cominciamo! Anzi no, inizieremo nel prossimo post…